Genitori
in cammino
Ferrara
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Omelia
dell’Arcivescovo Mons. Paolo Rabitti.
Solennità dell'Ascensione del Signore
Celebrazione
Eucaristica
per i
“Genitori in Cammino”
08 Maggio 2005 – Cattedrale
Oggi devo commentare con voi un mistero e le letture della Santa Messa, che mi
sembra siano importantissime per la nostra vita. E parlare di un mistero, voi
capite che bisogna farlo nella fede, perché la parola “mistero” indica una
realtà talmente piena di divina Presenza, che la mente umana non può adeguare. E
quindi cerco con voi, balbetto per voi, anche se le splendidissime letture di
oggi, nella giornata grandiosa della Ascensione del Signore, ci irrorano di luce
e ci danno una speranza che non delude, che non ha fine, se non nel giorno in
cui trova realizzazione.
Sapete bene che per fare un accordo musicale ci vogliono tre note almeno; così
come, per capire un colore, bisogna che il colore sia circondato di altri
colori, altrimenti il monocolore è monotono e non riesce a rifulgere in tutta la
sua luce e la sua peculiarità.
Il
primo capitolo del mistero, la prima nota della sinfonia, che vorrei un
poco meditare con voi è molto, molto ardua. Forse è il capitolo umano più
difficile, più indecifrabile e più oscuro di tutta la nostra vita. È il problema
della morte. È il problema della vita che si schianta. È il problema di un
rapporto che improvvisamente si interrompe, un rapporto che faceva parte
essenziale della nostra vita.
Tutti noi abbiamo sperimentato qualcosa di questo genere. Però (come diciamo nel
linguaggio normale, feriale), quando una vita ha percorso la sua esistenza e ha
dipanato i suoi anni, usiamo dire che “la vita ha fatto il suo corso”; “così è
la vita”. Ma quando la vita viene spezzata in età giovanile, in maniera
traumatica, in maniera impressionante, allora il mistero si fa ancora più buio.
E
io vi confesso che, più ancora della morte, mi fa impressione l’atteggiamento di
Gesù di fronte alla morte. Perché Gesù sapeva cosa è la vita e cos’è la morte;
soprattutto Gesù sapeva e sa bene dove va a finire la vita e ancora di più Gesù
sapeva – e lo ha detto come messaggio radicale del suo Vangelo – che “la vita
non è tolta ma trasformata”.
Eppure, accenno solo a due esempi, due fatti occorsi a Gesù: il suo
atteggiamento davanti alla vedova di Naim, al giovane morto, figlio unico della
vedova di Naim; e l’atteggiamento di Gesù di fronte a Lazzaro, il suo grande
amico.
Dice
il Vangelo: “Gesù passava da Nain, paese vicino al suo territorio, a pochissimi
chilometri da Nazareth; “passava”. Nulla è a caso; e quel passare di Gesù sembra
in qualche modo molto illuminativo per noi. Se noi potessimo vedere con gli
occhi di Dio vedremmo che Gesù ci passa accanto ogni minuto, ogni ora. Mentre
egli “passava” si è parata davanti a Gesù una scena delle più drammatiche del
mondo. Portavano al cimitero un giovanetto, figlio unico di una vedova. Più
tragedia di così!
Allora Gesù (ecco il mistero per me davvero inspiegabile che rimane un
interrogativo grandissimo per la mia coscienza) si turbò profondamente. Davanti
a quella morte sembra perfino Dio impotente.
Gesù si è talmente emozionato a vedere quella scena: una donna vedova; una
signora cui restava un unico tesoro e le portano via anche quello! Allora ha
fatto fermare i portantini, si è chinato su quell’adolescente, e ha fatto
scaturire da sé la sua potenza divina, la sua forza, la sua energia e si è posto
in radicale contrasto con la morte: ricordate le parole che ha detto? “Ragazzo,
te lo dico io, risorgi!”
Andiamo
a Lazzaro: la stessa scena preceduta da un rimprovero: “Gesù, se tu eri qui mio
fratello non sarebbe morto!”. Perché la sorella aveva già avuto sentore della
potenza di Gesù, e Gesù invece sembra quasi prendere alla leggera quell’affermazione-rimprovero:
“Tuo fratello non è morto!”. Marta replica: “Lo so; se tu alludi ad una
risurrezione finale lo so: nell’ultimo giorno risorgerà”. Allora Gesù dopo aver
pianto in modo drammatico, (dice la Scrittura che le sue viscere si scossero
dentro di lui) ha detto: “Io sono la resurrezione e la vita; chiunque vive e
crede in me non morirà in eterno”.
A me fa impressione l’atteggiamento di Dio, Gesù-Dio, di fronte alla morte:
piange, si commuove, si emoziona, sembra impotente di fronte alla morte e poi
comanda alla morte. Deve essere ben grave questo fatto nell’universo, se perfino
Dio sembra impotente di fronte alla morte.
E
noi non sappiamo, non vediamo nell’ordine della verità di Dio che cosa succede
quando si fa un peccato nel mondo. E qui certamente non alludo solo ai peccati
personali; penso ai peccati dell’umanità intera: deve prodursi un tale
disordine, un tale cataclisma, che in un qualche modo nemmeno Dio, sulle prime,
è capace di rimettere ordine: perché si origina un disastro catastrofico. Se a
qualcuno di voi è successo di andare ad Auschwitz, (luogo in cui, davanti agli
occhi – come se si assistesse ad un film dell’horror – passano le scene più
inaudite, il male più bieco e più scientifico), viene da chiedersi: “Ma come è
possibile a mente umana fare tanto male ad altri uomini?”. Dopo due ore di
visita, non si sopporta più un tale “itinerario di morte”; bisogna fermarsi;
bisogna respirare un po’.
Ma
l’interrogativo ritorna prepotente: “Come ha fatto Dio a sopportare l’umanità
macchiata di delitti di questo genere?”. E noi ad Auschwitz vediamo l’opera di
quattro anni, una “fetta” di mondo. Dio cosa dirà del mondo quando lo vede tutto
insieme: tutti i mali di tutti i tempi? Vede il disastro che si compie negli
ospedali (alludo all’aborto) vede i disastri che si fanno psicologicamente (le
calunnie): vede il disastro globale del peccato. E non lo vede per un anno, per
quattro, lo vede per i millenni.
San Paolo ha detto una parola molto illuminante in proposito: “per peccatum
mors” (Rm 5,12). Non è Dio che ha creato la morte; la morte è il totale dei
delitti umani, del disordine umano. A questo si aggiunge un altro disordine, per
noi misterioso, quello della presenza malvagia tentatrice: è “l’uccisione”
dell’uomo da parte di Satana. Non c’è solo l’uomo che fa il male nell’universo;
c’è “l’omicida fin dall’inizio”, così la Bibbia chiama Satana.
Questa è la prima mia nota, molto tenebrosa; e voi, che siete qui presenti,
avete un’esperienza veramente scarnificante nella vostra vita. Non devo io
parlarvi di morte: la conoscete bene!
Però:
ecco la novità assoluta di Cristo, del Vangelo e della Chiesa: la morte è vinta!
Gesù al ragazzo di Nain e a Lazzaro ha detto proprio la parola: “Risorgi!”; e
Lui stesso dopo la sua morte, preceduta da sudore di sangue, dopo aver sofferto
la morte come nessun altro uomo, è stato annunciato al mondo come il “Risorto da
morte”.
La Chiesa, non ha tante cose da dire al mondo come sua novità. La Chiesa ha da
dire questa cosa, e tutte le altre discendono da questa: “La vita, non è
spazzata via dalla morte, ma la vita del Risorto assorbe in sé la morte
dell’uomo.
La sequenza di Pasqua lo annuncia con particolare emozione: “la morte e la vita
in un incredibile duello hanno combattuto, ma il condottiero della vita morendo,
vince!”
La novità del mondo e sul mondo è: “Gesù il Risorto”.
La
terza mia nota è sincronica con le prime due:
1) La morte è un disastro di
fronte al quale perfino Dio sembra impotente;
2) Dio ha vinto la morte, Gesù è risorto
3) Gesù è asceso al cielo.
Oggi è la festa degli uomini, non solo di Gesù. Gesù è andato dal Padre e ha
detto: “Vado a prepararvi un posto!” Se non fosse così vi avrei ingannato!
Vado ma torno a voi; vado a preparare un posto per voi. Siccome Gesù doveva
adoperare le nostre povere parole umane, per spiegarsi bene ha detto così. E’
tenerissima questa parola di Gesù. Proviamo ad immaginare la scena: Gesù che va
dal Padre e dice: “Padre, io ho nel mondo milioni di fratelli, che per me sono
come unico fratello”. “Guarda che quel mio fratello, quella mia sorella che sono
nell’umanità, li voglio con me” Gesù ha detto proprio così: “li voglio con me”.
Allora potremmo azzardare a dire che il Padre con Gesù – sembra perfino
commovente – stanno preparando le sedie del Paradiso per noi. C’è un posto vuoto
preparato per ciascuno di noi, magari col nostro nome in bella vista. E quando
andremo Gesù dirà: “ecco il tuo posto”; la mia morte te lo ha guadagnato, la mia
resurrezione te lo ha anticipato; la tua morte – che sfocia nella resurrezione
–ha diritto di averlo”.
Il
terzo discorso, pertanto, non è più drammatico come il primo: è luce, è gioia.
Si può piangere ed essere nella gioia, perché Gesù ha proprio detto così: “Voi
piangerete, il mondo riderà, ma la vostra gioia nessuno potrà togliervela”.
Quante volte noi cristiani, siamo canzonati come “quelli della favola”. Noi
invece sappiamo che la nostra gioia nessuno ce la potrà togliere.
Oggi, festa dell’Ascensione, è la festa della nostra gioia. Gesù è andato al
Padre non per lasciarci soli, ma per aspettarci; e per paura che fossimo orfani
ha detto: “Vi mando la mia forza, il mio fuoco, la mia vita, il mio amore e Lui
– lo Spirito Santo – vi attrezzerà perché il Paradiso sia la vostra casa”.
Ecco cosa volevo dire, cari familiari che avete avuto lo schianto della morte in
casa. Volevo dirvi che sappiamo capire, per quanto è possibile, anche se non oso
dire: “So cosa vuol dire per una madre ed un padre perdere un figlio” Il fatto
però che i Sacerdoti sono qui presenti tanto numerosi, vuol dire che, nella
vostra Parrocchia, voi siete quelli a cui loro hanno prestato molta attenzione,
solo per farvi vedere un po’ di cuore della Chiesa.
Sappiate però che non è questa la parola finale: la morte. La parola finale è
un’altra: “il vostro caro, i vostri cari, sono presso Gesù”.
Dunque non è più solo dolore terribile, incredibile, ma è anche, attesa,
speranza.
Giovanni XXIII amava ripetere: “Quando i nostri cari muoiono, noi siamo in una
riva, loro vanno nell’altra e sembra incolmabile il distacco che ci divide.
Quando però la nostra vita si avanza, noi stessi andiamo verso l’altra sponda ed
essi sono là ad attenderci”.
Vi guidi molto questo pensiero: “Sono là, con Gesù, ad attenderci”.
Bisogna pertanto impegnarsi in questi anni. Sapete cosa ha fatto Marta quando
Gesù ha richiamato in vita suo fratello Lazzaro? Si è messa a servire a mensa:
quasi a dire: ha preso un’energia e un entusiasmo rinnovati è ha usato della sua
vita per onorare Gesù, i suoi Apostoli e la sua Chiesa.
So
che il vostro gruppo, il vostro Movimento, denominato “Genitori in Cammino”, sta
realizzando tante iniziative a servizio degli altri: consolare quelli che sono
nel medesimo dolore; aiutare quelli che vogliono fare gli apostoli; dare in
Parrocchia un nuovo servizio, tanto quanto è stato lo schianto. Questo è
straordinario: è la vera trasfigurazione del dolore.
Io
vi ringrazio di questa presenza e so capire che cosa c’è nell’animo. Sappiate
voi stessi capire cosa c’è dentro queste mie parole. Vorremmo esservi vicini; ma
vorremmo che queste tre parole:
la
morte,
la
resurrezione di Gesù,
il
suo ascendere al Padre per prepararci un posto
fossero i tre capitoli a cui ogni giorno voi ricorrete per avere, non la gioia
del mondo ma la gioia che viene da Cristo!
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