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Esperienza di don Michele Zecchin

 (Assistente Spirituale del Seminario Arcivescovile di Ferrara-Comacchio)

 

     Benedetta quella volta che i genitori in cammino sono capitati in Seminario! Fu la felice intuizione di mons. Caffarra a indirizzarli in via Fabbri 410, per presentarsi al rettore mons. Mario Dalla Costa. Di quel primo incontro solo pochi hanno ricordo, che è immerso nel riserbo e nella piccolezza delle cose grandi che Dio fa iniziare continuamente dentro alla storia della sua Chiesa. E rimane ancora una grandezza delicata, quella dell’intreccio fra la vita dei genitori in cammino e la comunità del seminario, ragazzi e sacerdoti. Non può essere diversamente, perché è una esperienza di Vangelo e di Chiesa. Del Vangelo che si trasmette per irradiazione (come dice un mio amico prete) e della Chiesa che è rete di amicizie tessuta dal Risorto. Ho vissuto e vivo con i genitori in cammino questa esperienza palpitante di Vangelo e di Chiesa, di annuncio e di comunione; di ricerca testarda e di condivisione; di paziente attesa e di esultanza nella scoperta.

     Non ricordo neanche come mi fu chiesto, un po’ di anni fa, di leggere insieme la Bibbia ogni due settimane, al venerdì sera. So che a un certo punto, prete da poco, mi trovai nello studio di un papà, dietro il suo enorme tavolo di lavoro, ordinatissimo e sgombrato delle carte del mestiere e occupato dalla mia bibbia e dai miei appunti sugli Atti degli Apostoli. Capitolo 20. Un clima molto familiare, nella luce calda di quella stanza. Uditori attentissimi. Onorato di parlare loro della Parola di Dio. E anche un po’ incosciente, direi adesso, tra la presunzione e la paura di mettersi a dialogare su cose così brucianti. Ma il buon Gesù fa imparare a nuotare nuotando. Fa imparare il vangelo immergendo nelle acque più tumultuose dell’animo umano, provato dal mistero della morte. E s’impara un po’ di più. Del vangelo dico. Che è l’annuncio della morte e della risurrezione del Figlio di Dio. Morto e risorto «per me», come abbiamo imparato a dire con S. Paolo.

     Quando diventi prete ti sta davanti un compito particolare. Hai immagazzinato fiumi di nozioni teologiche negli anni del seminario. Le hai già un po’ rielaborate e raccolte, per averne una visione organica e sintetica, per vivere da annunciatore non sprovveduto o superficiale o disperso. Ma non basta. Alle persone che incontri tu devi il Vangelo, non qualche suo pezzo. Sei loro debitore del cuore del Vangelo. Ti sei impegnato con Dio ad essere a Sua disposizione per  annunciare la Buona Notizia nelle pieghe della vita delle persone, al punto giusto e al momento giusto. Per me quest’educazione all’essenzialità della fede la stanno facendo i genitori in cammino. Mi hanno educato, e mi stanno educando a stare nel cuore della questione di Gesù, che è la Pasqua. Conducono lì le loro domande e le incertezze, e le paure e le proteste di chi è all’inizio e chiede alla Parola di Dio una chiarezza mai avuta prima. Conducono lì, al cuore del Vangelo che è la Pasqua, le esperienze crescenti di vita da risorti, una vita che, in un modo umanamente misterioso, rimane segnata dal dolore mentre viene intrisa della speranza, viene ri-veduta, la vita, spostandosi (talvolta per passi piccolissimi e impercettibili) verso il punto di vista di Dio. Ed è uno spettacolo. Lo spettacolo di Dio che agisce nell’animo delle mamme e dei papà con la musica delle sue parole, della Parola.  Contano le domande e contano le esperienze. Conta la ricerca della verità, la verità scritta nel vangelo e il vangelo scritto nella vita delle persone. Conta la disponibilità a lasciarsi mettere in crisi dalla Parola di Dio. Il dolore è quasi sempre terribilmente legato ad una protesta contro un Dio che si ha in mente, ma che non corrisponde al vangelo, che non esiste. O almeno non è quello di cui parla Gesù Cristo. Quante volte abbiamo riscoperto con stupore, al venerdì sera, ascoltando Paolo o Giovanni o Luca… che Gesù è rivoluzionario, e spiazza perché non è al di fuori delle stanze dei nostri dolori, ma c’è dentro come e più di noi, e le rabbie e le proteste si affievoliscono davanti a lui crocifisso. E le domande e la curiosità aumentano. E anche, pian piano, la consolazione di essere sulla strada buona, anche se non s’è capito tutto.

     È questo sviluppo, talora molto accidentato, della fede quello che si vive, si osserva, si contempla in modo molto intenso con i genitori in cammino. Con l’evidenza che è una cosa che si fa insieme. Preti e non preti. Si ascolta volentieri il prete che spiega il vangelo; e altrettanto volentieri chi è passato nell’uragano della morte di un figlio e lo racconta con serenità pacata, con il dolore saldamente sulle spalle. Si fa insieme. Le parole del prete rischierebbero sennò di rimanere campate per aria; le esperienze di conversione rischierebbero di rimanere in-comprensibili, in-comunicabili, non spiegate dal Vangelo di Gesù Cristo.

                                                             Don Michele Zecchin


Genitori in cammino - ultimo aggiornamento:  martedì 21 luglio 2015