Sale del Garofalo
IL PALAZZO DEL SEMINARIO VECCHIO
E
LE STANZE DEL GAROFALO


BERENICE GIOVANNUCCI VIGI

Il prestigioso Palazzo Trotti-Costabili fu costruito nel 1444 nella contrada di Borgonuovo (oggi via Cairoli 32) per incarico di Leonello d'Este dall'architetto, o capomastro, Antonio de Bizzocchi. La dimora passò in seguito a Francesco Strozzi, facoltoso mercante fiorentino venuto a stabilirsi a Ferrara, per diventare poi successivamente proprietà delle nobili famiglie Sacrati, Rossetti, Costabili e Trotti. Fu Alfonso Trotti che nel 1553 volle trasformare il prospetto del Palazzo adeguandolo a linee architettoniche ritenute 'più moderne'. La realizzazione della nuova facciata, in mancanza di una documentazione diretta, è stata attribuita fino ad oggi all'architetto Terzo de' Terzi o al pittore-architetto Girolamo da Carpi.
Nel 1721 il cardinale Tommaso Ruffo decise di acquistare il prestigioso edificio per farne la nuova sede del Seminario e gli interni abitativi vennero quindi trasformati all'uso, alterandone la primitiva fisionomia. Oggi il Palazzo, dopo il successivo trasferimento nel 1960 della sede del Seminario Arcivescovile in Borgo San Luca (borgo che prende il nome dalla Chiesa di San Luca, Santuario del SS. Crocifisso), è stato completamente ristrutturato e adattato per accogliere diversificate attività civili.
La facciata cinquecentesca voluta dal conte Trotti è adorna del monumentale portale marmoreo, strutturato con mezze colonne ioniche ed un'alta trabeazione aggettante sopra l'arcata d'ingresso, sulla quale poggiano sei mensole che sorreggono il balcone a rocchetti. Sul balcone tra due ampie finestre, innestate a trifora, si apre una porta di minori dimensioni sulla quale si vede la nicchia, voltata a conchiglia, dove era inserito il busto tradizionalmente ritenuto il ritratto di Ercole II d'Este, scultura oggi conservata all'interno, nelle sale del Garofalo. Un così significativo omaggio al duca Ercole II, collocato "quasi in trionfo" sulla fronte del Palazzo, sembra servisse a ricordare in modo dichiarato gli stretti legami di diversi membri della famiglia dei conti Trotti con gli Este, per i quali nel tempo erano stati preziosi collaboratori in varie attività.
Delle antiche sale del palazzo ne sono rimaste due dipinte da Benvenuto Tisi, detto il Garofalo (Garofalo-Rovigo 1476 ca. - Ferrara 1559). La prima saletta, come afferma la data riapparsa durante il restauro del 1964 in uno degli scomparti triangolari lungo la cornice del soffitto (nel secondo a destra), è stata terminata dal Garofalo nel 1520. Il soffitto è decorato a cassettoni, in compartimenti simmetrici evidenziati da una incorniciatura a finto stucco e ornati da raffinati racemi e grottesche a chiaroscuro "cinerognolo" su tinta ocra e turchina. Al di sotto, negli scomparti triangolari tra i pennacchi della curvatura, vi sono figurine simboliche a monocromo, tra le quali a destra si riconoscono la Fede, la Carità e la Pace, mentre nelle lunette di raccordo con le pareti della stanza, tra i pennacchi sovrastanti i peducci, della pittura originale non rimangono che vaghi frammenti.
Con questo decorativismo architettonico che richiama comunque alcuni brani dei soffitti affrescati dal Garofalo e dalla sua bottega, presumibilmente intorno al 1513-17, nella Sala con storie di Giuseppe e nella Sala dei profeti e delle Sibille in Palazzo Costabili, detto popolarmente Palazzo di Ludovico il Moro (oggi sede del Museo Archeologico Nazionale), l'artista ripropone un repertorio di elementi ornamentali divenuto "classico", di derivazione archeologica romana e raffaellesca, sullo splendido esempio delle Logge Vaticane.
Entrando nella seconda sala si rimane sorpresi di trovare una decorazione pittorica così importante, nonostante le piccole dimensioni dell'ambiente che non sappiamo a quale uso fosse stato destinato dal nuovo proprietario del palazzo Girolamo Sacrati.
Al centro del soffitto si apre illusionisticamente una esagonale balaustra marmorea, da dove si affacciano diversi personaggi maschili e femminili. Tutt'intorno negli scomparti scanditi da elaboratissime membrature e cornicioni a finto stucco si vedono, a chiaroscuro "leggermente intinto d’azzurro" decorazioni a grottesche, fregi con giochi di putti, medaglioni con busti maschili e femminili, tondi e riquadri con scene bibliche e mitologiche; la raffigurazione di Davide con la testa di Golia e di Giuditta accompagnata dalla scritta F. PATRIA nelle vele centrali. Nei quattro lunettoni di raccordo con le pareti sottostanti invece la decorazione originale è del tutto sparita in quelli di destra, rimanendo soltanto qualche brano iconografico di difficile lettura in quelli di sinistra. In questa sala il pittore "imprime ai monocromi azzurri e alla quadratura centrale una intensa accentuazione luministica in accordo con i vigorosi aggetti delle vele e dei pennacchi e con la direzione della luce reale proveniente dalle due finestre" (A. Mezzetti).
L'evidente dipendenza formale dallo straordinario modello mantovano, realizzato da Mantegna nella cosiddetta Camera degli Sposi, ha dato al Garofalo l'estro per una mirabile raffigurazione "della brigatella che si affaccia al finto balcone in prospettiva".
Intorno allo sfondato centrale, lo spazio è spartito in doppia volta a vele gotiche con i costoloni incrociati che vanno ad insistere su grandi mensole infisse agli angoli e nel mezzo delle pareti sottostanti. Nelle vele, tre clipei in prospettiva incorniciano i busti di uomini e donne rappresentati nelle diverse età della vita, la giovinezza, la maturità e la vecchiaia. Al centro delle vele, quattro tabelle poligonali raffigurano episodi che sembrano relativi al mito di Prometeo, di cui si distingue con certezza il solo Prometeo dilaniato dall'avvoltoio. Nella seconda tabella a destra è leggibile la data di esecuzione dell’affresco: MDXVIIII. Nel tondo inserito nella decorazione sopra la porta d'ingresso è narrato il Giudizio di Salomone, mentre in quello di fronte, tra le due finestre, è narrato l'episodio di Mosè e la prova dei carboni ardenti. Negli spazi illusionistici creati dal Garofalo, la complessità di questa raffigurazione pittorica spiegabile forse come allegoria delle Virtù, della Scienza e delle Stagioni, potrebbe avere avuto un filo conduttore nel tema della "Giustizia", del 'premio' o del 'castigo' che comunque fanno parte della vita dell'uomo, nelle diverse simbologie e nelle diverse interpretazioni dal mito di Prometeo al giudizio di Salomone.
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